L'Alzheimer arriva anche da giovani?
Studio cinese pubblicato sul The New England Journal ha coinvolto migliaia di persone. L'indagine durata 20 anni ha accertato quando e in quale sequenza compaiono i segnali predittivi dell’Alzheimer.
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Vent'anni prima (della vecchiaia) si affaccia sulla nostra vita, ma l'Alzheimer può arrivare anche quando si è molto giovani. Lo studio cinese pubblicato su The New England Journal of Medicine è stato svolto in collaborazione con diversi istituti, fra cui il Centro per la malattia di Alzheimer - Istituto di Pechino per i disturbi cerebrali;
l'Ospedale Anding e il Dipartimento di Psichiatria dell'Ospedale popolare provinciale di Zhejiang. E ha accertato che la variazione nella concentrazione di determinate proteine (placche di beta amiloide e grovigli di proteina tau) e le alterazioni nel tessuto cerebrale compaiono in sequenza e a tappe definite, fino a sfociare nella condizione patologica. Va ricordato che l'accumulo di beta amiloide, pur essendo considerato tra i principali segni associati all'Alzheimer, non è presente in tutte le persone colpite.
Il manifestarsi in netto anticipo delle firme biologiche della demenza era cosa
conosciuta per le forme ereditarie della patologia, che può sorprendere anche
in età molto precoce (va ricordato il caso di un ragazzo malato di Alzheimer
già a 19 anni) ma, grazie alla nuova ricerca, la progressione temporale dei
biomarcatori dell'Alzheimer è stata osservata anche nella sua forma sporadica,
che poi è quella maggiormente diffusa.
Lo studio cinese
Venendo allo studio cinese, i ricercatori coordinati dal professor Jianping Jia, hanno condotto un'indagine caso-controllo multicentrico con migliaia di partecipanti, tutti coinvolti nello studio China Cognition and Aging Study (COAST) eseguito fra gennaio 2000 e dicembre 2020. In che cosa consiste?
In quei 20 anni una parte dei volontari è stata sottoposta a una serie di esami regolari (ogni due o tre anni), fra i quali test del liquido cerebrospinale (CSF), scansioni cerebrali e valutazione della funzione cognitiva attraverso test standardizzati alla stregua del Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes (CDR-SB).
I partecipanti erano uomini e donne sia di mezza età che anziani (età media 61 anni, di cui il 50,6% maschi) che al basale avevano tutti uno stato cognitivo normale. I ricercatori hanno messo a confronto e abbinato i casi di 648 individui che hanno mantenuto una cognizione sana (gruppo di controllo) con 648 persone che, durante il periodo di follow-up durato esattamente 19,9 anni, si sono ammalati di Alzheimer.
Gli otto segnali che annunciano la malattia nel tempo
Questa procedura ha consentito di analizzare e abbinare i risultati degli esami condotti a intervalli regolari, e ha reso possibile determinare in quale momento e in che modo si sono manifestati i biomarcatori della neurodegenerazione, fino alla comparsa del declino cognitivo e alla diagnosi di demenza.
Ecco i segnali che ci dicono che l'Alzheimer sta attaccando il nostro cervello:
1 - Il segnale più precoce a emergere è stato un aumento nella concentrazione della proteina beta-amiloide 42 nel liquido cerebrospinale (o cefalorachidiano), già rilevabile 18 anni prima della diagnosi di Alzheimer.
2 - A 14 anni dalla diagnosi è stata rilevata una differenza nel rapporto tra beta-amiloide 42 e beta-amiloide 40, in pratica due forme di proteine "appiccicose", il cui accumulo nel sistema nervoso è associato alla neurodegenerazione.
3 - A 11 anni il team di ricerca ha osservato un incremento della proteina tau 181 fosforilata nel gruppo Alzheimer.
4 - A 10 anni è stato l'incremento della tau nel suo complesso ad emergere come anomalia.
5 - A 9 anni sono stati rilevati i primi segnali del danno neuronale, provocato dalla presenza della catena leggera del neurofilamento (NfL) nel liquido cerebrospinale, che riguarda in particolar modo gli assoni.
6 - A 8 anni le risonanze magnetiche hanno evidenziato nel gruppo Alzheimer l'atrofia dell'ippocampo, una parte del cervello coinvolta nella cognizione.
7 - A 6 anni dalla diagnosi è risultato evidente il declino cognitivo attraverso i test standardizzati per valutare la demenza.
8 - Oltre a questa progressione, il professor Jia e colleghi hanno rilevato che nel gruppo Alzheimer c'era una maggiore probabilità (37,2% contro 20,4% del gruppo di controllo) di essere portatori di una variante genetica chiamata APOE4. Il dato conferma l'associazione, già venuta alla luce in passato, tra questa variante del gene coinvolto nel metabolismo e nel trasporto dei lipidi nel cervello e la forma di demenza più diffusa al mondo.
I rimedi naturali che aiutano a combattere l'Alzheimer
Se è vero,
come è vero, che una dieta specifica per il paziente sofferente di Alzheimer è
la prima, imprescindibile, soluzione da prendere in esame (e per questo vi
invito a rivolgervi a nutrizionisti con esperienza), tra le misure non
farmacologiche più importanti contro l'Alzheimer si annoverano specifici
nutraceutici, integratori alimentari e fitoterapici.
Esaminiamo proprietà e modalità d'uso di questi rimedi naturali nel morbo di
Alzheimer.
1. Vitamine B
Le vitamine del gruppo B hanno documentati effetti protettivi verso la malattia di Alzheimer. In particolare, le vitamine B6, B9 e B12, che partecipano in modo diretto alla funzionalità cerebrale anche in condizioni fisiologiche, giocano un ruolo strategico nel ridurre i livelli sanguigni di omocisteina. Questo amminoacido, se presente in concentrazioni superiori alla norma, si associa a un alto rischio di sviluppare l'Alzheimer e altre forme di demenza senile e presenile, oltre a esporre a patologie cardiovascolari.
In chiave preventiva, dal momento che i valori di omocisteina tendono ad aumentare con l'età, almeno a partire dai 60 anni è bene ricorrere a un integratore multivitaminico di elevata qualità e che contenga tutti e tre questi micronutrienti, insieme a vitamine e altre molecole antiossidanti come la vitamina C (che se è a livelli inadeguati è pure responsabile di scarsa vitalità mentale), la vitamina E, il betacarotene, in buon dosaggio.
Cosa si
può fare per difendersi dall'Alzheimer?
Qualora cali di memoria e altri segni di declino cognitivo avessero già fatto
il loro esordio, le
vitamine B6, B9 e B12 contribuiscono anche a rallentare la progressione
dell'Alzheimer e dell'atrofia delle aree cerebrali interessate dalla
malattia, se assunte a una posologia confrontabile, e ove necessario superiore..
2. Omega 3.
Alcune ricerche attestano che i benefici degli omega 3 si estendono anche a
quanti già convivono con questa malattia. In uno studio clinico
randomizzato, in doppio cieco e placebo-controllato (i massimi standard
dell'affidabilità scientifica, quindi) del 2010, l'assunzione di 900
milligrammi di un omega 3 quale il DHA (acido docosaesaenoico) ha mostrato di
migliorare la memoria e altri processi cerebrali in un gruppo di oltre 400
persone con lieve declino cognitivo.
Da un
lavoro pubblicato sul Journal of Alzheimer's Disease nel 2013 risulta
inoltre che l'impiego di integratori di omega 3 può ridurre l'infiammazione
dei tessuti cerebrali e la concentrazione di proteina beta-amiloide
(A-beta), che si ammassa in placche nel cervello delle persone affette da
questa forma di demenza.
Una recente systematic review sull'utilizzo di omega 3 nella malattia
di Alzheimer conferma l'utilità della supplementazione di questi acidi
grassi negli stadi iniziali della malattia, quando la compromissione della
funzione cerebrale è ancora moderata.
Il dosaggio di omega 3 in presenza di decadimento cognitivo o di Alzheimer
conclamato è di almeno 1 grammo al giorno, sotto forma di EPA (acido
eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico).
Gli omega 3 sono rimedi naturali sicuri, che a questa posologia non causano effetti collaterali degni di nota. Una certa cautela, specie in caso di alti dosaggi e uso prolungato, va osservata se si è in terapia con anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici o ipoglicemizzanti, farmaci con cui gli omega 3 potrebbero interagire.
E' stato scientificamente evidenziato che adeguati livelli plasmatici di
omega 3 potenziano l'attività di neuroprotezione delle vitamine B. Nel
trattamento naturale dell'Alzheimer questi due rimedi si esprimono quindi al meglio
se assunti in sinergia.
3. Omotaurina
L'omotaurina
è un amminoacido, chimicamente simile alla taurina, dagli effetti
neuroprotettivi, studiati anche nei malati
di Parkinson.
Ricerche su modello animale hanno evidenziato che la somministrazione di omotaurina
è in grado di interferire con la formazione delle placche amiloidi che
caratterizzano la malattia di Alzheimer, arginando il deficit cognitivo e
mnemonico.
Per quel che riguarda gli studi clinici, condotti su malati di Alzheimer, i
risultati sembrano meno netti: alcune ricerche non hanno riscontrato
significativi miglioramenti nei pazienti sofferenti di Alzheimer che hanno
assunto questo integratore, mentre altre invece mostrano che l'omotaurina
può rallentare la formazione delle placche senili e l'atrofia dell'ippocampo,
nonché mitigare l'infiammazione cerebrale.
Una review
scientifica del 2019 ha riportato tre studi post marketing (quelle indagini che
vengono svolte dopo che un farmaco o un integratore è stato messo in commercio)
in cui i risultati dell'assunzione di omotaurina in pazienti con
compromissione cognitiva lieve sono stati molto positivi.
Auspicando, quindi, ulteriori trial clinici per valutare pienamente
l'efficacia dell'omotaurina come rimedio per l'Alzheimer, non si può non
ravvisarne un promettente ruolo potenziale. Considerata, inoltre, l'assenza
di effetti collaterali di rilievo dell'omotaurina nella maggior parte dei
soggetti, ritengo che la sua assunzione possa avere significato, almeno in via
precauzionale e anche in ragione della mancanza di valide cure farmacologiche
dell'Alzheimer.
La posologia dell'omotaurina utilizzata negli studi clinici sui malati
di Alzheimer va da 50 a 150 milligrammi assunti due volte al giorno.
4. Curcuma
Tra le qualità di questa spezia antiossidante ci sono anche le sue proprietà neuroprotettrici, che rendono la curcuma (Curcuma longa) un rimedio naturale valido in prevenzione e promettente anche per migliorare il controllo dell'Alzheimer in atto.
Il dottor Luca Avoledo, biologo nutrizionista esperto di naturopatia, parla di benefici e modalità d'uso della curcuma in una puntata del programma "Il mio medico" su TV2000. |
La curcumina,
il principio attivo principale della curcuma, contrasta infatti
l'aggregazione della proteina beta-amiloide, contiene la degenerazione
neuronale e combatte l'infiammazione della microglia (quel complesso di cellule
del sistema nervoso centrale deputato alla sua difesa immunitaria), ostacolando
così un processo direttamente implicato nell'insorgenza della malattia di Alzheimer.
Consiglio di introdurre abitualmente la curcuma nella dieta, utilizzandola come
spezia per insaporire i cibi, per diminuire il rischio di demenza.
5. Ginkgo
Anche il
ginkgo (Ginkgo biloba) è un presidio naturale interessante per
rallentare l'evoluzione dell'Alzheimer. Questo fitoterapico migliora la
circolazione a livello cerebrale e sostiene
la memoria.
Una metanalisi di studi clinici pubblicata nel marzo 2018 conferma i benefici
della somministrazione di un estratto di Ginkgo biloba nei sintomi
dell'Alzheimer e anche della demenza di tipo vascolare.
Inoltre, somministrato in affiancamento ai farmaci convenzionali per la
malattia di Alzheimer, il ginkgo tende a rinforzare gli effetti delle cure
tradizionali sulle performance cognitive.
I dosaggi di Ginkgo biloba utili nella demenza di Alzheimer sono
piuttosto alti (secondo diversi studi, 240 milligrammi al giorno) e richiedono
qualche attenzione in più rispetto agli altri rimedi naturali citati, in
ragione delle maggiori interazioni
farmacologiche e precauzioni all'uso di questa pianta.
Alzheimer e integratori: conclusioni
Voglio
concludere questa carrellata sui rimedi per la malattia di Alzheimer -
che certo non può, né vuole, vantare pretese di completezza - segnalando un
trial clinico recentissimo, pubblicato sulla rivista scientifica Alzheimer's
& Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association, che ha preso in
esame 2.200 adulti di età pari o superiore a 65 anni.
Lo cito perché, se ancora ce ne fosse bisogno, questa sperimentazione
dimostra bene il ruolo dei presidi naturopatici a tutti coloro che credono
che gli integratori non servano a niente, e spesso lo affermano con veemenza.
Ebbene, i ricercatori hanno concluso che assumere ogni giorno anche solo un
semplice integratore multivitaminico-minerale può aiutare a proteggere il
cervello dalla demenza. In particolare, hanno stimato che l'integrazione
per tre anni potrebbe portare a un rallentamento del declino cognitivo di circa
il 60%. Questi benefici sembrano ancora più pronunciati nelle persone con
malattie cardiovascolari importanti, che sono a maggior rischio di declino
cognitivo.
Nessuno vuole sostituire uno stile di vita sano e attivo e una dieta corretta e
varia con un integratore (anzi). Ma rinunciare a queste opzioni aggiuntive
equivale a chiudere gli occhi davanti alla scienza.
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